Presentati i risultati del workshop della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: suggellato un “patto con le vittime”, dal Canada un database per le transazioni
Tratto da: La Stampa
Prostituzione, lavoro forzato, traffico di organi.
Tre crimini a danno dell’uomo che si configurano in un’unica dicitura: tratta umana. Contro questa piaga del mondo moderno, che assume connotati drammatici e che va sempre più espandendosi nei Paesi in via di sviluppo tanto quanto in quelli industrializzati a causa delle «nuove forme di reclutamento digitale», si schiera ancora una volta il Vaticano.
Lo fa attraverso un workshop promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali – dal titolo “Assisting Victims in Human Trafficking – Best Practice in Resettlement, Legal Aid and Compensation” – che ha concluso oggi i lavori, incoraggiati dallo stesso Papa Francesco che in più di un’occasione ha stigmatizzato l’aberrazione di tali pratiche che registrano giri d’affari da miliardi di dollari all’anno.
«Questo tema è nel cuore del Papa», ha assicurato il cancelliere della Pontificia Accademia di Scienze Sociali, l’arcivescovo argentino Marcelo Sánchez Sorondo, presentando in mattinata l’iniziativa nella Sala Stampa vaticana.
A fianco a lui, sul banco dei relatori, Margaret Archer, presidente dell’Accademia delle Scienze Sociali e l’avvocato Jami Solli, co-organizzatrice del Workshop e fondatrice della Global Alliance for Legal Aid. In rappresentanza delle migliaia, anzi milioni di vittime del traffico umano anche l’indiana Rani Hong, oggi presidente della “Tronie Foundation”, ieri una delle tante bambine strappate dalle braccia della madre e resa schiava all’estero.
Da lei la domanda cruciale che ha animato le diverse riunioni: «Come integrare le vittime?». I problemi non si concludono infatti con la liberazione degli “schiavi” ma proseguono anche e soprattutto dopo con le conseguenze fisiche e psicologiche che rischiano di compromettere per sempre la costruzione di un futuro. «Io ho dovuto imparare ad essere di nuovo un essere umano», ha ricordato infatti la donna.
«Ero una bambina di 7 anni e mezzo, sono stata rapita in India e portata in un altro Stato. Non conoscevo nessuno, tantomeno la lingua. Ero sola e impaurita». Oggi «ho un nome, una faccia, una storia, non sono un numero: bisogna ascoltare le storie concrete, e dobbiamo sperare che si possa cambiare, sì, io dico che è possibile cambiare», ha affermato.
Da parte sua Sorondo ha sottolineato come il meeting in Vaticano, oltre a voler prendere le misure dell’estensione del fenomeno denunciato come «crimine contro l’umanità» sia da Benedetto XVI che da Francesco, ha voluto studiare «le best practices e i migliori modelli per riabilitare le vittime».
Si è dato ampio spazio, quindi, alle «splendide testimonianze» di volontari e professionisti impegnati con le vittime, la maggior parte delle quali ragazze minorenni. Rocìo Rosco, per esempio, ha illustrato le strategie adottate in Messico per aiutare persone ferite a superare lo stigma e reinserirsi nel tessuto sociale e lavorativo.
«Il risultato del traffico di esseri umani è infatti la morte sociale della persona; la collaborazione ha mostrato che ci serve non solo la tecnologia ma lo spirito di cooperazione», ha sottolineato Jami Solli.
E Sorondo ha spiegato: «Con l’aiuto dei diversi Stati messicani sono stati offerti alle vittime formazione, studi, titoli, appartamenti, possibilità di ricominciare una vita normale». Un lavoro, questo, svolto da decenni già da innumerevoli congregazioni di suore.
Tuttavia «questo modello, pur offrendo un grande aiuto dal punto di vista spirituale, psicologico, umano, medico, ha un limite», ha osservato il cancelliere, «le suore non sono inserite “nel mondo” (per fortuna!) quindi non sono capaci di dare lo stesso contributo che possono dare dei laici».
Al centro dei lavori anche un’analisi del vasto mondo del web, soprattutto il “Deep web”, quella parte di internet “sommersa” – cioè non indicizzata dai comuni motori di ricerca – dove vengono svolte attività illegali: dalla vendita di documenti falsi e di armi alla diffusione di materiale pedopornografico, fino al commercio di organi o di bambini comprati o affittati per scopi sessuali che includono violenze e torture.
«Vogliamo avviare con le diverse Accademie uno studio approfondito delle minacce che derivano dai mezzi moderni, soprattutto internet che è una delle “strade” principali dove oggi si adescano i bambini: per la prostituzione, per il traffico di organi, per il lavoro forzato», ha assicurato monsignor Sorondo. «Il “Deep web” è incontrollabile e vogliamo capire chi lo gestisce e come contrastarlo».
«Questa volta vogliamo sì ascoltare le vittime, dare aiuto a chi ha subito persecuzione, come ci ha chiesto di fare il Papa sin dall’inizio del pontificato», ha chiosato Margaret Archer, «ma guardiamo anche agli aspetti criminali, in particolare il controllo dei conti bancari, e a livello statale, delle legislazioni e dei movimenti sociali: i progetti per la reintegrazione delle vittime della tratta riguardano circa 20 Paesi».
Uno di questi è il Canada dal quale proviene una importante iniziativa presa in esame durante il workshop: il controllo di transazioni sospette che si nascondono dietro al traffico di esseri umani da individuare grazie ad un continuo monitoraggio da parte di banche e istituzioni finanziarie e la creazione di specifici database. Il progetto suggellato, insieme ad altri elaborati durante la tre giorni vaticana, con la stesura di un “Patto con le vittime”.