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Google e Facebook si fanno i fatti nostri – ancora –

articolo ripreso dal Foglio

I grandi fratelli dell’era digitale, Facebook e Google,non ci forniscono certamente i loro servizi per altruismo, in realtà raccolgono e commerciano i nostri dati, fornedoli a chi vuole influenzare le nostre decisioni in termini di acquisto o perggio.

Ogni giorno effettuiamo gratuitamente decine di ricerche su Google, probabilmente molte più volte accediamo gratuitamente su Facebook per vedere cosa scrivono amici e cosa scrivono le “Pagine” a cui abbiamo messo Mi Piace nel tempo. Una serie incredibile di contenuti ci vengono forniti gratuitamente in ogni istante della nostra vita digitale. Sembra che il gratuito sia la dominante di questo grande bazaar dell’informazione digitale, ma qualcuno disse tempo fa: “Se il servizio è gratuito, il prodotto sei tu” e forse tutti i torti non doveva averne.

Leggi anche: Chi fa businesss rivendendo i nostri dati personali?

Qualche settimana fa fece scalpore un video, visto da oltre un milione di persone, di un blogger americano che testimoniava come citando delle parole specifiche in presenza del proprio smartphone, poco dopo apparissero annunci pubblicitari inerenti i temi del discorso poco prima fatto. (in realtà il video è del Luglio del 2016 ma solo a inizio Novembre 2017 è diventato famoso in Italia).

Onestamente nessuno dotato di buon senso può pensare che allo stato attuale delle cose, Facebook riesca a catturare quello che diciamo in prossimità del nostro smartphone. Ben diverso è quando conversazioni e messaggi avvengono tramite l’ecosistema di Facebook, come Whatsapp e Messenger. In fondo cosa può impedire a Zuckemberg di intercettare singole parole (che potremmo chiamare topic o key) di un discorso e riuscire a dare questo dato ai propri insersionisti? Nulla.

Ad oggi il guadagno di Facebook è legato prettamente alla profilazione di tutti i suoi iscritti: età, sesso, orientamente religioso e politico, interessi, passioni, città, relazioni e qualsiasi altro tipo di comportamento o azioni svolta sul social. Tutta questa parte di noi stessi che riversiamo sul social, permette a Facebook di profilare ulteriormente ogni utente. Tutti questi dati sono il vero oro di Zuck che può rivendere ai propri inserzionisti.

Nn dovrebbe farlo? Facebook è un’azienda che genera tanti soldi, nel 2017 capitalizza 520 miliardi di dollari e negli ultimi tre anni i suoi ricavi sono balzati da quasi 8 a quasi 28 miliardi. Business in business.

Ma anche Google non è assolutamente da meno, basti pensare che chiunque disponga di uno smartphone con Android e utilzzi un profilo Google (ad esempio la posta Gmail configurata sul proprio smartphone), può letteralmente veder scorrere la propria vita sullo schermo. Nulla di nuovo sotto al sole, pensandoci bene la fortuna di Google è stata proprio quella di poter dare agli inserzionisti la possibilità di mostrare i propri annunci pubblicitari in base a quello che cercavano gli utenti, arrivando anche a situazioni che possono aver sicuramente generato imbarazzo, come quella volta in cui Vittorio Zucconi su Twitter:

Questi sono alcuni esempi noti e meno noti:

La cronologia dei nostri spostamenti? https://www.google.com/maps/timeline
Come abbiamo usato il nostro Smartphone? https://myactivity.google.com/myactivity
Quali sono i nostri interessi pubblicitari? https://adssettings.google.com/authenticated
Alla luce del fatto che tutte le nostre informazioni e i nostri dati, che inevitabilmente fanno parte della nostra vita privata, diventino un prodotto; siamo ancora sicuri che Google e Facebook siano gratuiti?

Chi fa business rivendendo i nostri dati personali?

Esiste un mercato fiorente basato sulla compravendita dei database di clienti

di una compagnia telefonica, per esempio,ma anche di dati raccolti da altre fonti: Google o Facebook, (vedi il mio post in merito)  sono solo alcuni dei principali attori. Computer potentissimi elaborano ininterrottamente con algoritmi dedicati (procedure di calcolo standard) i dati raccolti, li abbinano ad altri provenienti dalla stessa fonte e li vendono a compagnie per la realizzazione di campagne pubblicitarie mirate.

Utilizziamo il calcolatore online che qualche giorno fa il Financial Times ha pubblicato per scoprire il valore commerciale dei nostri dati personali.

Scoprirete che fare certe professioni, essere in stato interessante oppure essere milionari ne aumenta di molto il valore

clicca qui per calcolare il valore dei tuoi dati personali:

Facendo un esempio pratico: vi siete mai chiesti come mai inseguito ad una vostra ricerca su internet siete stati bersagliati nelle ore e giorni successivi da offerte pubblicitarie proprio relative a quel soggetto?

Provate a cercare un hotel via Google ora per una ipotetica vacanza in montagna e poi ditemi quante promozioni di hotel in trentino troverete nelle pagine visitate successivamente. Si va bè è una noia, pensate, ma non è proprio solo così semplice, vi siete chiesti cosa c’è dietro? Dietro a questa, che sembra una semplice seccatura, esiste un commercio gigantesco e non ancora ben regolamentato dei dati che noi rilasciamo navigando sul web.

Il problema importante è che la raccolta di tutti questi dati possa degenerare arrivando all’abuso delle informazioni personali raccolte (soprattutto quando ci sono di mezzo i minori) fino al rischio di discriminazione di determinate categorie di persone, magari portatrici di handicap fisici o “semplicemente” malate.

Così ha detto il Garante della Privacy, Antonello Soro, in sede di relazione alla Camera
“i colossi di Internet diventano sempre più intermediari esclusivi tra produttori e consumatori… Il potere di questi soggetti non può essere ignorato… Non dovremmo permettere che i dati personali, che hanno assunto un valore enorme in chiave predittiva e strategica, diventino di proprietà di chi li raccoglie

Il nuovo “petrolio” tratto dal Sole 24 Ore

Facciamo l’esempio di Acxiom, colosso del brokeraggio dei dati con un fatturato da 1,1 miliardi di dollari, un database di 700 milioni di persone e un portfolio di 7 mila clienti – si prende la briga di aggregare e trasformare in bene rivendibile sul mercato.

C’è, questo lo scenario, un’industria multimiliardaria che si muove nell’ombra (perchè non regolamentata) e che cresce ogni giorno proporzionalmente alla fame di domanda di maggiori informazioni sul conto dei propri clienti da parte delle multinazionali. Che grazie a questi dati definiscono le strategie per influenzare i comportamenti d’acquisto delle persone, i cui dati di consumo sono stati definiti nel rapporto 2011 del World Economic Forum report come “il nuovo petrolio”.

 Cito uno slogan proveniente direttamente dal sito della acxiom

“Great marketing creates real connections with real people. Learn how identity resolution helps you recognize, understand, and reach consumers everywhere they are today – and will be tomorrow.”
Tradotto in italiano suona così:
Il grande marketing crea collegamenti reali con le persone reali. Impara come l’analisi delle identità ti aiuta a riconoscere, capire, e raggiungere i consumatori in qualsiasi parte del mondo siano oggi – e saranno domani.

Qui puoi vedere direttamente dal sito del Nasdaq quali sono le aziende che operano nel settore della compravendita dati personali, comune ad Acxiom  e farti un’idea del loro giro di affari in milioni di dollari.